I prodotti dell'eccellenza, regione Campania.
Colatura di alici di cetara, da residuo di lavorazione ad autentica prelibatezza.
Pochi trasformati vantano una così nobile ascendenza quale la colatura di alici: bisogna risalire infatti ai banchetti imperiali narrati da Plinio, dove il garum era protagonista indiscusso delle portate pantagrueliche di Apicio. Questo condimento è sicuramente di origine orientale e prende il nome dal misterioso pesce “Garos” (forse si tratta delle comunissime alici) da cui probabilmente poi prese il nome la salsa che gli antichi greci chiamavano “Garon”, e i romani ribattezzarono in “Garum”.
L’uso del Garum fu introdotto a Roma durante le guerre puniche quale condimento di pietanze a base di carne, pollo, agnello, verdura. Si produceva diffusamente nei centri nordafricani da Cartagine alla Numidia, l’attuale Algeria. A partire dal II secolo A. C. questa salsa a Roma ha un successo sempre crescente. La qualità del garum nell’antichità veniva indicata con lettere dipinte sulle anfore ed assicurava anche l’anno di produzione. Le migliori salse erano denominate Garum Excellens (ottenuta con alici e ventresche di tonno); Garum Flos
Floris (sgombro, alici, tonno); Garum Flos Murae(murene); infine c’era una qualità ottenuta
dalle ostriche, salsa per nababbi o esibizionisti, usata in banchetti particolari.
Il miglior Garum veniva prodotto da una cooperativa di Cartagine, il cosiddetto Garum Sociorum, e veniva prevalentemente utilizzato lo sgombro; ottimi, anche se più economici, erano i
tipi prodotti a Pompei, Antibes (Costa Azzurra) e in altri centri del Mediterraneo.
Queste salse verranno utilizzate fino a quando saranno superate per qualità e profumo, nonché per semplicità di produzione, dalla realizzazione della“Colatura di alici” (come la intendiamo oggi) avvenuta probabilmente intorno alla seconda metà del XIII secolo, ad opera dei monaci cistercensi della canonica di San Pietro a Tuczolo, colle nei pressi di Amalfi. I monaci possedevano una modesta flotta che utilizzavano per il trasporto del frumento e che nei mesi estivi trasformavano in pescherecci per la pesca del pesce azzurro, particolarmente delle alici. I monaci possedevano anche dei locali per la conservazione del pescato, nei quali riponevano botti contenenti alici private della testa e delle interiora, alternate a strati di sale. Sulla copertura della botte (tompagno) riponevano un pesante masso che permetteva al liquido in eccesso di depositarsi sul fondo del barile e attraverso le doghe scollate di versarsi sul pavimento. Il profumo e la limpidezza di questo liquido che colava sul pavimento indussero i monaci a raccoglierlo in recipienti e a portarlo all’attenzione del fratello che si occupava di cucina, il quale immediatamente utilizzò il liquido per condire le verdure lesse, aggiungendovi spezie, aromi e l’olio. I monaci mandarono questo nuovo condimento in dono ai conventi e a molti cittadini della zona, che successivamente si industriarono per preparare il liquido nelle proprie case. Finchè qualche persona della zona ebbe la felice intuizione di usare il cappuccio comunemente adoperato per stillare il mosto, per filtrare anche i liquidi e le alici spappolate residuati nei fondi dei vasi di terracotta, facendo nascere la colatura di alici che attualmente si produce.
Secondo il gastronomo amalfitano Ezio Falcone, scomparso di recente, l’antenato della colatura di alici sarebbe il garum, «Le origini si fanno risalire ad un episodio specifico accaduto intorno al XIII secolo ad opera dei monaci cistercensi dell’Antica Canonica di San Pietro a Tuczolo, sull’omonimo colle vicino ad Amalfi. I monaci salavano le alici pescate tra maggio ed agosto in botti le cui doghe, scollate dal tempo, non erano più adatte a tenere il vino. Le botti venivano sistemate su coppie di travi in legno poste parallelamente, murate a mezzo metro di altezza dal pavimento dette “mbuosti”. Man mano che il sale maturava le alici faceva perdere loro il restante liquido che colava attraverso le fessure delle botti ed inondava il locale di un profumo forte e piacevole ed i monaci pensarono di usarlo sulle verdure cotte». Un’altra versione che fa riferimento sempre agli stessi monaci nello stesso periodo parla di un battello che stava trasportando terzigni di alici salate per mare e dopo una burrasca, quando il cuoco scese nelle stive per prendere un po’ di acciughe salate da utilizzare in cucina fu colpito dal profumo intenso che si sprigionava dal liquido che colava dalle doghe allentate dai movimenti della burrasca.
Sta di fatto che la colatura si produceva e si consumava in casa.
Solo all’inizio degli anni ’90 i ristoranti del borgo di pescatori iniziarono a proporla e il successo è stato progressivo e immediato, sicuramente in linea con i nuovi gusti moderni.
«La materia prima di partenza è costituita dalle alici o acciughe pescate con la tecnica del cianciolo, con l'uso della lampara, esclusivamente nel Golfo di Salerno nel periodo primaverile, da fine marzo a inizio luglio, periodo migliore per avviare il processo di salagione delle alici».
Preparazione
Le alici fresche appena pescate vengono "scapezzate" (decapitate) ed eviscerate, con un semplice gesto manuale. Quindi, prive della testa e delle interiora, vengono sistemate nel terzigno a strati alterni con il sale. Terminata la fase della "salatura", la alici si lasciano maturare per quattro-cinque mesi. Al termine della fase di salatura, una volta riempito il "terzigno", alternando strati di alici e sale viene appoggiato, direttamente sull'ultimo strato, un coperchio di legno detto "tompagno" sul quale viene posata una pietra marina abbastanza pesante. Quando le alici giungono a maturazione, dopo quattro o cinque mesi, il liquido affiora in superficie, grazie alla pressione esercitata dalla pietra marina. Con un attrezzo appuntito detto "vriale" viene praticato un foro sotto il terzino dal quale comincia ad uscire goccia dopo goccia il liquido ambrato. Attraversando lentamente i vari strati, il liquido raccoglie il meglio delle caratteristiche organolettiche delle alici e fuoriesce, già filtrato dagli stessi strati di alici e sale, dal foro praticato. La colatura viene raccolta in un recipiente di vetro e quindi imbottigliata. Alla fine del 2010 è stata approvata la bottiglia unica per tutti i produttori (nella foto) e l'etichetta numerata per la tracciabilità della "colatura tradizionale di alici di Cetara".
Proprietà organolettiche e nutrizionali
Mentre nel Garum le spezie e gli aromi venivano incorporati nei recipienti unitamente ai pesci ed al sale, subendo così lo stesso procedimento di maturazione di questi ultimi e dando luogo a miscele di sapori ed odori non sempre graditi, la colatura prodotta a Cetara è una salsa fatta di sole alici, ottenuta nel momento in cui il processo di salagione raggiunge il perfetto punto di maturazione. Recenti lavori hanno messo in evidenza la notevole presenza di acidi grassi insaturi e di una evidente proteolisi delle proteine del muscolo. La composizione acidica della colatura di alici ha mostrato un rapporto insaturi/saturi di 1,5 nel caso degli acidi grassi totali, mentre il rapporto è circa 4 nel caso degli grassi liberi. Questo risultato è estremamente interessante in quanto la particolare composizione in acidi grassi liberi poliinsaturi, determinata dalla diversa solubilità degli acidi grassi nel mezzo acquoso saturo di sale, rivela un fattore funzionale alla salute dell’uomo che è quello di ridurre il rischio di malattie cardiovascolari. La composizione acidica della colatura di alici mostra un’equilibrata proporzione di acidi grassi ai fini nutrizionali con un apporto maggiore di acidi grassi monoinsaturi. L’elevata presenza di grassi liberi insaturi potrebbe essere ascritta al processo di disgregazione cellulare che avviene nel corso della fermentazione del pesce. Importante è anche la presenza di “sfingosina”, un alcol che funge da precursore per le sfingomieline, i cerebrosidi ed i gangliosidi; ad essi è attribuito il ruolo di recettori dei segnali delle cellule neurali, pertanto, la presenza di questi componenti nella colatura di alici lascia supporre proprietà antistress già riscontrate nel garum. Inoltre, questi componenti mostrano anche interessanti attività biologiche come quella di inibire lo sviluppo del cancro del colon in animali di laboratorio.
Bibbliografia:
- - Disciplinare di produzione dell’olio extra vergine di oliva a denominazione di origine protetta “Terre Aurunche”
- Dal Garum alla colatura di alici, l’evoluzione di un condimento nutraceutico e di un gusto antico
(R. Ferro, P.Salafia, A. Trani, M. Salafia, A. Di Luccia) Univesità di Foggia
- http://www.colaturadialici.it/
-http://www.fondazioneslowfood.com/it/
presidi-slow-food/colatura-tradizionale-di-alici-di-cetara/